CARA BOLDRINI, TI RACCONTO IL MIO STUPRO/ "Hanno sguazzato nella mia carne e violentato anche la mia anima"
Cara Boldrini, ti racconto il mio stupro. La lettera di una
povera vittima: "Hanno sguazzato nella mia carne e violentato anche la
mia anima". Poi le accuse alla presidente della Camera
30 agosto 2017
Silvana Palazzo
Lettera a Laura Boldrini, presidente della Camera (Foto: LaPresse)
Cosa prova una donna quando viene
violentata? Una ragazza l'ha raccontato in una lettera indirizzata a
Laura Boldrini, presidente della Camera. L'atteggiamento della terza
carica dello Stato ha ferito la giovane, che a Roma nel maggio del 2016
venne stuprata in una baracca da due rom. Una lettera aperta, pubblicata
oggi da Il Tempo, per raccontare il dramma personale e provare a
spiegare l'orrore di Rimini.
Una lettera straziante che parte da un punto fermo: «A tutto c'è un
limite». Per la ragazza è infatti inaccettabile che la Boldrini abbia
«condannato lo stupro di Rimini a tre giorni dai fatti e solo dopo le
polemiche sollevate dai suoi avversari». Non ha ovviamente gradito
neppure il commento di Abid Jee,
il mediatore culturale che ha avuto il coraggio di dire che la violenza
sessuale, in fondo, piace alle donne. Così ha raccontato quell'agguato
avvenuto alle 21 di sera, quando un rom l'ha trascinata in un tugurio
dove ha abusato di lei tutta la notte insieme ad un altro uomo: «Due
belve feroci. Mi hanno fatto sdraiare su un materasso putrido,
strappato, mi hanno bloccato le gambe e a quel punto ho chiuso gli occhi
e pregato mentre mi sentivo strappare la pelle, violare nell'intimità,
in balia del mostro, privata della mia libertà, carne da macello».
L'ASSURDA REAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI DI SINISTRA
Per la giovane ragazza che è stata
violentata a Roma nel maggio 2016 non c'è spazio per il perdono. «Queste
persone, caro direttore, non credo possano vivere in mezzo a noi.
Fatico a considerarli umani. Perversi, infami, vigliacchi, questo sono».
La povera vittima è riuscita a salvarsi solo perché ha avuto la
lucidità, all'alba, di convincere il rom a uscire con lei per farla
sgranchire. Così ha incontrato una guardia giurata, che l'ha salvata.
Non è riuscita a raccontare nulla a suo padre per quattro giorni: «Non
volevo farlo soffrire. Poi però non ce l'ho fatta e mi sono liberata di
tutto». La stampa non si è interessata alla vicenda, così suo padre ha
cominciato a realizzare dei volantini per spiegare cosa era successo a
sua figlia. «Certe associazioni di sinistra hanno addirittura detto per
telefono a mio padre che non doveva manifestare perché i due
violentatori erano dei rom e così si sarebbe alimentato il razzismo». A
quel giorno terribile ne sono così susseguiti altri nei quali lei e i
suoi parenti sono stati chiamati "fascisti". E ha dovuto fare anche i
conti con le voci messe in giro da chi sosteneva che si fosse inventata
tutto.
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